Bertha Cáceres rinascerà nelle lotte dei popoli

Commovente saluto da parte di un intero popolo alla dirigente indigena vittima di assassinio politico
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L’ultimo saluto a Bertha (Foto G. Trucchi)

La Esperanza, 6 marzo (Rel-UITA | LINyM) -. Questo sabato nessuno è voluto rimanere a casa. Tra slogan e lacrime, migliaia di persone hanno dato un commovente addio alla dirigente indigena Bertha Cáceres, brutalmente assassinata lo scorso 3 marzo. “Bisogna punire gli autori intellettuali e materiali”, “Basta impunità” hanno chiesto a gran voce.

C’è molta gente a La Esperanza. Molta. Le strade sono piene zeppe. Nessuno è voluto rimanere a casa. È stato troppo forte il richiamo per dare un ultimo saluto alla combattiva dirigente indigena Bertha Cáceres.

“Per la nostra Bertha, nostra mamma, nostra figlia, la nostra guida”, ripetono quasi all’unisono Olivia, Bertita, Laura e Salvador, figlie e figlio della coordinatrice nazionale del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, Copinh, durante un’improvvisata conferenza stampa. Austra Bertha, la madre della leader indigena e altri famigliari li accompagnano.

Venerdì, Bertha Cáceres, la compagna, la preziosa amica che lottava per la vita, per la difesa dei fiumi e delle montagne, la donna che insieme al Copinh, al popolo Lenca, al movimento sociale e popolare in resistenza, ha iniziato una lotta senza tregua contro un modello politico ed economico che definiva “neoliberista, razzista e patriarcale”, avrebbe compiuto gli anni.

Codardi assassini -autori intellettuali e materiali- hanno spezzato la sua vita.

La gente è venuta a rendere omaggio al suo sacrificio. A questo miracolo di essere umano che ha insegnato al mondo il significato più profondo di vivere con impegno e abnegazione, conoscendo i rischi e affrontandoli con coraggio, sognando che un mondo migliore è possibile.

Alcuni volti sono pieni di profonda tristezza, altri mostrano smorfie di rabbia impressionanti.

Bertha viaggiava molto per far conoscere l’esperienza del Copinh, lo sforzo per emanciparsi di un movimento sociale e popolare che non si arrende. Però voleva sempre tornare alla terra che l’ha vista nascere, che l’ha presa per mano, che ha sorretto i suoi piedi, che l’ha protetta e che si è inzuppata del suo sangue, che oggi la vede rinascere moltiplicata nelle lotte dei popoli.

La gente si avvicina al feretro sorretto da migliaia di mani. Molti piangono, altri stringono i pugni, urlano a gran voce “Bertha vive, la lotta continua”, “Bertha non è morta, si è moltiplicata”, “Giustizia, Giustizia”.

“La Nostra Bertha vive”
Olivia, Laura, Bertita e Salvador esigono investigazione indipendente

“Non si può distorcere la verità sul crimine che ha posto fine alla sua vita. Sappiamo per certo che i motivi del suo vile assassinio sono state la resistenza e la lotta contro lo sfruttamento dei beni comuni, delle risorse naturali e la difesa del popolo Lenca”, segnalano le figlie, il figlio e la madre di Bertha Cáceres in una lettera aperta.

“E’ un tentativo di porre fine alla lotta dei Lenca contro ogni forma di sfruttamento e saccheggio. Un tentativo di interrompere la costruzione di un nuovo mondo”, hanno aggiunto.

Hanno ricordato anche che le circostanze della sua morte si collocano nel mezzo della lotta contro l’istallazione del progetto idroelettrico Agua Zarca, sul fiume sacro Gualcarque.

Contemporaneamente hanno preteso che si faccia chiarezza sulle responsabilità dell’impresa di capitale honduregno Desarrollo Energéticos S.A. de C.V (DESA), e hanno accusato sia DESA che le istituzioni finanziarie nazionali (Ficohsa) e internazionali (FMO, Finn Fund, Bcie), “della persecuzione, criminalizzazione, stigmatizzazione e delle costanti minacce di morte” rivolte a Bertha, i suoi figli e i membri del Copinh.

“La responsabilità dello Stato honduregno è di avere in gran misura ostacolato la protezione della nostra Bertha, e di avere propiziato la sua persecuzione, criminalizzazione e morte”, avendo scelto di tutelare “gli interessi delle imprese rispetto alle decisioni e ai mandati delle comunità”, hanno denunciato commossi ma con grande fermezza e dignità.

I poteri forti e il governo sono i responsabili
Un modello assassino e predatore

Un’emozionante celebrazione ecumenica dei sacerdoti Ismael “Melo” Moreno e Fausto Milla, ha coinvolto la folla, che si è avvicinata alla bara, immersa in un silenzio irreale, interrotto solamente da grida, applausi e i tamburi e i canti del popolo garifuna.

“Melo” ha chiesto ai presenti di unirsi in un gran movimento nazionale per fermare un sistema che agisce contro gli interessi del popolo. Li ha poi invitati a lottare affinché si blocchi definitivamente il progetto Agua Zarca e quasiasi altra modalità di saccheggio del territorio e delle sue risorse naturali.

Dopo gli applausi e le lacrime che scandivano i nomi, gridati con forza, dei martiri della storia recente dell’Honduras, un mare di persone si è nuovamente riversata nelle strade di La Esperanza, per accompagnare Bertha verso l’ultima dimora.

“I responsabili del suo omicidio sono i gruppi di affari in combutta con il governo nazionale, i governi locali e le istituzioni repressive dello Stato, che stanno dietro ai progetti estrattivi sviluppati nella regione.

I finanziatori di questi progetti di morte sono anche responsabili per la morte di tante altre persone che lottano contro lo sfruttamento dei territori”, hanno denunciato Olivia, Laura, Bertita e Salvador.

“Non permetteremo che la sua immagine diventi un logo insignificante, rivendichiamo  la nostra Bertha nella lotta permanente ed energica per la difesa della vita, dei territori e contro un sistema di sfruttamento e di saccheggio”, hanno ribadito i famigliari della leader indigena.

Hanno anche chiesto che si istituisca una commissione internazionale imparziale per l’investigazione di questo crimine, tra cui la Commissione interamericana dei diritti umani, Cidh, organizzazioni internazionali per i diritti umani e gli organi governativi competenti.

Hanno domandato rispetto per l’integrità della sua persona.

“E’ stata una combattente eterna contro il razzismo, il patriarcato e il sistema capitalista oppressore e assassino. La sua lotta si è caratterizzata per un forte antimperialismo, costantemente corroborato dalle sue pratiche internazionali e dal suo totale rifiuto del colpo di Stato (2009), finanziato e sostenuto dagli Stati uniti”, hanno indicato.

Per ultimo hanno preteso la cancellazione immediata e definitiva del progetto idroelettrico Agua Zarca e “di tutte le concessioni minerarie, di dighe, per lo sfruttamento dei boschi e di tutti quei progetti che minacciano la sovranità nazionale”.

La CIDH concede misure cautelari
Minacce al Copinh

La grave situazione d’insicurezza in cui stanno vivendo i membri del Copinh, i famigliari di Bertha Cáceres e Gustavo Castro Soto, sociologo messicano e testimone oculare dell’omicidio della leader indigena, ha spinto la Cidh a concedere loro misure cautelari.
Il Copinh ha intanto emesso un comunicato nel quale accusa il governo di Juan Orlando Hernández di manipolare l’investigazione dell’omicidio di Bertha, insinuando che si tratti di un omicidio passionale e che esista un coinvolgimento diretto di alcuni membri dello stesso Copinh.

La solidarietà nazionale e internazionale non ha cessato un solo istante di fare sentire la propria voce. Mai prima d’ora si era vista tanta partecipazione.

“Non hanno solamente ucciso nostra madre, hanno ucciso la madre di un intero popolo. Facciamo un appello affinché si intensifichino le mobilitazioni, le denunce e le dimostrazioni di solidarietà per chiedere vera giustizia. BERTHA VIVE!”, si conclude il comunicato dei figli e della madre di Bertha Cáceres.

Il cimitero non è sufficiente grande per contenere l’enorme folla che ha voluto accompagnare Bertha. Sulla bara cadono i primi fiori e la pioggia. Anche il cielo sembra aver voluto mostrare il proprio dolore.

Sabato è stato un giorno di ricordi, tristezza e pianto. Ciò che viene dopo è lotta.

Bertha Cáceres, indubbiamente, ne farà parte.

Di Giorgio Trucchi | Rel-UITA

Traduzione Giampaolo Rocchi