“Ci riempiono di palma africana e ci lasciano senza cibo”

Cresce il dibattito sugli effetti devastanti dell’espansione delle piantagioni di palma africana

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Nueva Armenia © (Foto G. Trucchi|Rel-UITA)

La Ceiba, 29 settembre (LINyM | Rel-UITA)-. Durante gli ultimi decenni, l’Honduras ha assistito, impotente, all’espansione accelerata della monocoltivazione su grande scala di palma africana (da olio), che ha prodotto gravi impatti ambientali, economici e sociali e ha causato profonde ferite nella popolazione nera, indigena, contadina, che è stata privata del legittimo diritto all’accesso alla terra, all’alimentazione e a una vita dignitosa. Parallelamente, questo fenomeno è stato accompagnato da una crescente e inarrestabile criminalizzazione della protesta e la lotta sociale di resistenza a un modello depredatore.

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Il bisogno di analizzare, dibattere a fondo e cercare strategie comuni per affrontare un modello di produzione che accaparra territori e sposta comunità, è stato uno dei principali obiettivi dell’incontro “Agrocarburanti, palma africana e i loro effetti sulla sovranità alimentare”, che si è svolto in settembre nella città di La Ceiba e che ha coinvolto più di 170 persone e decine di organizzazioni e movimenti sociali, popolari e sindacali, tra cui la Rel-UITA.

L’attività è stata convocata dall’Organizzazione fraterna nera dell’Honduras (Ofraneh), dalla Piattaforma dei movimenti sociali e popolari dell’Honduras e dalle reti internazionali Alleanza Biodiversità, Amici della Terra America Latina e Caraibi (Atalc), Rete latinoamericana contro le monocoltivazioni di alberi (Recoma) e il Movimento mondiale dei boschi tropicali (Wrm).

“Vogliono sostituire la produzione di alimenti con quella di un prodotto, la palma africana, che arricchisce solo pochi grandi latifondisti e non dà da mangiare alle popolazioni. Vogliono darci da mangiare olio di palma e costringere il Paese a importare alimenti. Ci stanno condannando a una carestia senza precedenti. Per questo dobbiamo riunirci urgentemente per discutere, dibattere e prendere decisioni concrete”, ha detto Miriam Miranda, coordinatrice della Ofraneh.

Winfridus Overbeek, coordinatore del Wrm, ha spiegato che il grande capitale nazionale e internazionale sta presentando all’opinione pubblica delle ‘false soluzioni’, con le quali vuole giustificare l’ingiustificabile e promuovere, allo stesso tempo, la produzione di agrocarburanti.

“Mai nella mia vita ho sentito una comunità dire che è stata consultata prima di assistere all’invasione delle proprie terre per piantare palma africana o altri tipi di monocoltivazioni. Si tratta di un’imposizione che genera la distruzione della biodiversità, la deforestazione, la perdita di risorse idriche, l’inquinamento da pesticidi.

Inoltre – ha continuato Overbeek – l’espansione senza controllo delle piantagioni di palma acuisce gli effetti del cambiamento climatico, produce l’accelerata militarizzazione dei territori e la criminalizzazione della lotta sociale. L’unica soluzione possibile è un cambiamento di paradigma”, ha detto il coordinatore della Wrm.

Palma neocolonialista

Un esempio di razzismo ambientale

Marcela Gómez, di Amici della Terra Colombia, ha approfondito l’analisi e ha detto che l’espansione della palma africana e il consolidamento del modello dell’agrocommercio minacciano la vita stessa delle persone.

La situazione drammatica delle famiglie contadine del Bajo Aguan, delle comunità garifuna della costa caraibica e della popolazione indigena Lenca, sono un esempio chiaro ed evidente degli abusi e delle umiliazioni perpetrate dal grande capitale, nazionale e multinazionale, con il sostegno vergognoso delle autorità honduregne.

“La palma africana non rappresenta nessuna fonte di benessere per i popoli, né crea sviluppo economico per la maggioranza della popolazione. Si tratta invece di una forma di neo-schiavitù e di razzismo ambientale, che colpisce soprattutto le popolazioni nere, indigene e contadine”, ha detto Gómez.

Attualmente, le piantagioni di palma africana in Honduras si sviluppano su una superficie di circa 160 mila ettari e ci sono nuovi progetti per raddoppiarne l’estensione, minacciando in questo modo i territori della Mosquitia. Intanto, si stima che non meno di 300.000 famiglie contadine honduregne non abbiamo accesso alla terra, che la metà della popolazione rurale sopravviva con meno di 1 dollaro al giorno e che il Paese stia vivendo una grave carenza di produzione di alimenti.

Strategie comuni di lotta

Rafforzare le alleanze

Concluse le varie esposizioni, i participanti all’incontro si sono divisi in gruppi di lavoro durante i quali si è sviluppato un dibattito profondo e arricchente e sono state definite posizioni sul tema dell’espansione della palma in Honduras e nel mondo.

“Dobbiamo unirci e costruire alleanze, sia a livello nazionale che internazionale, creando strategie che vincolino con maggior forza i tanti esempi di resistenza a questo modello che esistono nel continente”, ha dichiarato Alfredo López, vicecoordinatore della Ofraneh.

I rappresentanti delle reti internazionali che per due giorni hanno analizzato la tematica relativa all’espansione del modello agro-esportatore in America Latina, hanno reso pubblico un comunicato di solidarietà con il popolo honduregno in lotta e hanno chiesto la fine della repressione e dell’inerzia delle istituzioni.

“Sia nell’attività di oggi che nella riunione interna delle reti internazionali si è evidenziata la necessità di continuare con il lavoro di articolazione tra movimenti”, ha detto Lizzie Díaz, membro della Segreteria internazionale del Wrm.

“La chiave per il successo di queste lotte è in mano a quei popoli che, ogni giorno, affrontano il potere dei grandi gruppi economici che accaparrano la terra, sfollano popolazioni, distruggono comunità. Oggi, più che mai, dobbiamo sostenere e rafforzare queste lotte, facendo sentire loro che non sono soli e che ci sono migliaia di occhi puntati su quanto sta accadendo”, ha concluso Díaz.