È ancora persecuzione contro il popolo Garifuna

Mandato di arresto per dozzine di attivisti

17 marzo 2021Giorgio Trucchi

Il 3 marzo, Marianela e Jenifer Mejía Solorzano, attiviste in difesa dei territori garifuna e membri dell’Organizzazione fraterna nera honduregna (Ofraneh), sono state arrestate e messe in cella per i presunti delitti di usurpazione, danni e minacce. Quattro giorni dopo, il giudice ne ha disposto il rinvio a processo e ha concesso misure alternative alla detenzione.

L’arresto delle due attiviste è a seguito di una denuncia presentata da Rosario Fajardo Ruiz, rappresentante amministrativa di Bienes y Raíces Juca SRL, contro 32 membri della comunità garífuna di Cristales y Río Negro, situata nella baia di Trujillo.

Su Jenifer Mejía e altri 28 membri della comunità pende anche un mandato di arresto per un altro caso di usurpazione e furto. L’attivista è anche accusata del reato di “sfollamento forzato” nei confronti di membri della Juca SRL.

La società li accusa di aver ‘invaso’ alcuni lotti (dove sorge anche un residence) di un terreno acquistato nel 1994 da Berke Lambert Carrol Campbell, di nazionalità tedesca e già deceduta da qualche anno, e successivamente trasferito alla società da lei stessa creata.

Questa terra fa parte del territorio ancestrale del popolo Garifuna ed è stata illegalmente venduta dal comune di Trujillo alla fine degli anni ’70.

Sfondo del conflitto

Tra il 1887 e il 1901, i presidenti Luis Bográn e Manuel Bonilla concessero ai garifuna della zona due appezzamenti di terreno, uno di 5.000 e l’altro di 2.000 ettari. In questo modo fu garantito loro il pieno diritto sulle terre ancestrali.

Nonostante la legislazione nazionale e le convenzioni internazionali ratificate dall’Honduras[1] proibissero la vendita di terre che facessero parte di una proprietà comunitaria, nel 1978 il sindaco di Trujillo trasferì la proprietà di una parte delle terre ancestrali al fiduciario municipale.

Venti giorni dopo, il funzionario pubblico vendette le terre a un cittadino statunitense, e così via fino al 1994 quando furono acquistate da Carrol Campbell e poi trasferite a Bienes y Raíces Juca, che le suddivise in lotti e li mise in vendita.

“Ci sono vizi d’origine i cui effetti si trascinano fino ai giorni nostri e sono alla base del conflitto. Il comune non poteva vendere la terra, tanto meno a un altro funzionario, e il primo acquirente non poteva trasferirlo a uno straniero. Tutte queste scritture sono nulle”, spiega Edy Tabora, uno dei difensori delle due giovani.

La porzione di terreno trasferito illegalmente si trova infatti a meno di 300 metri dalla spiaggia. Sia la Costituzione del 1965 che quella del 1982 vietano agli stranieri l’acquisto di terreni situati a meno di 40 km dalla costa.

Inoltre, a partire dagli anni ’90, l’Istituto nazionale agrario (Ina) ha avviato una procedura di individuazione e frazionamento della totalità delle terre ancestrali e nel 2005 ha consegnato a ogni comunità, tra cui quella di Cristales y Río Negro, i rispettivi titoli di proprietà comunitari.

“È una metodologia perversa che è stata utilizzata molte volte per saccheggiare ed espropriare le terre garifuna[2]. Ci sono due titoli (1901 e 2005) che garantiscono la proprietà assoluta del popolo garifuna su queste terre.

Inoltre, la sentenza della Corte interamericana dei diritti umani sulla comunità di Punta Piedra[3] ha sancito che sia la proprietà collettiva che il possesso tradizionale della terra devono essere rispettati dagli Stati, indipendentemente che esista o no un titolo di proprietà”, segnala Tabora.

Difesa del territorio

Il popolo Garífuna sta quindi cercando di recuperare quel territorio ancestrale che gli è stato progressivamente sottratto grazie all’indifferenza delle istituzioni, la corruzione dilagante e l’insaziabilità delle corporazioni nazionali e internazionali.

“Negli ultimi anni, lo Stato si è dedicato a distruggere i diritti collettivi delle popolazioni indigene. La criminalizzazione dei difensori del territorio ancestrale garifuna fa parte di una strategia di espulsione”, afferma Ofraneh.

“Marianela e Jenifer non sono criminali. Sono compagne garifuna che difendono le nostre terre. Basta persecuzione e criminalizzazione contro il popolo Garifuna!”, afferma Miriam Miranda, coordinatrice di Ofraneh.

Ne è prova la decisione del giudice di aprire un procedimento penale contro le due attiviste, nonostante il nuovo codice penale indichi che quando si tratta di conflitti per le terre, in presenza di titoli di proprietà, che coinvolgono popolazioni indigene o organizzazioni contadine, si dovrà procedere per la via civile.

“Quando delle terre vengono recuperate o occupate in modo legittimo, lo Stato invece di indagare sui veri usurpatori, perseguita i legittimi proprietari”, conclude Tabora.

La difesa intanto ha presentato ricorso e nei prossimi mesi si saprà se alla fine Marianela e Jenifer dovranno andare a processo.

[1] Articolo 100 della legge sulla proprietà e Convenzione ILO 169 su popoli indigeni e tribali

[2] http://www.albasud.org/blog/ca/926/bah-a-de-trujillo-un-despojo-territorial-que-no-tiene-fin

[3] https://www.corteidh.or.cr/docs/canes/articulos/seriec_304_esp.pdf

Fonte: Rel UITA  (spagnolo)